Carnevale di Venezia...unico ed inimitabile !!!
Origini antichissime con prime testimonianze già nel 1094, il Carnevale di Venezia riproposto nel 1979 quasi dopo due secoli di assenza, mantiene oggi le sue vecchie tradizioni, rispettando una storia secolare. Il Carnevale veneziano significa ancora adesso teatro, dolcissimi cibi tipici, straordinarie maschere e costumi. E come succedeva durante la Serenissima sa trasformare i palazzi privati in luoghi di festa per balli e trasgressioni.
Riportata in auge dal regista visionario Bruno Tosi nel 1999 e diventata col tempo uno degli eventi cardine del Carnevale di Venezia, la Festa delle Marie ricorda un fatto storico realmente accaduto. Correva l’anno 973 quando nella chiesa di San Pietro di Castello, durante gli annuali festeggiamenti dedicati alla purificazione della Vergine Maria, dodici ragazze veneziane vennero rapite da un gruppo di pirati dalmati. Dopo un inseguimento organizzato dal Doge Pietro Candiano III, le fanciulle furono liberate e ricondotte a Venezia. Da allora, la Festa delle Marie fu festeggiata ogni anno nella città lagunare con modalità e riti che cambiarono nel corso dei secoli.
Numerosi, anche per quest’edizione della manifestazione, i premi che spetteranno alla Maria dell’Anno, che sarà eletta il 3 marzo nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice insieme a quella de Il Gazzettino, scelta in base alle preferenze espresse dai lettori del quotidiano!
Se sei una ragazza tra i 18 e i 28 anni, residente a Venezia nel territorio della Città Metropolitana o sei nata a Venezia anche se residente nel Territorio Nazionale acquista il Gazzettino (edizione di Venezia-Mestre), non perdere l’occasione di diventare una delle 12 Marie del Carnevale di Venezia 2025.
Requisiti per iscriversi:
– Coupon del Gazzettino debitamente compilato
– Età compresa tra 18 e 28 anni
– Essere residenti nella Città metropolitana di Venezia oppure nate a Venezia anche se residenti nel territorio nazionale. Se straniere anche il permesso di soggiorno.
Inviare a info@festadellemarie.com due foto, un primo piano e una a figura intera, fotocopia della carta d’identità e numero di telefono. Termine ultimo per iscriversi, l’11 febbraio!
Una volta confermata l’iscrizione alla selezione, sarà da inviare una video-presentazione di 30 secondi iniziative@gazzettino.it.
Lo scorso anno, ricordiamo, si aggiudicò il titolo di “Maria dell’Anno 2024” Silvia Zecchin , 20 anni di Noale, Studentessa di Scienze Politiche e classiche all’Università di Padova e istruttrice di ginnastica ritmica ai bambini.
La bauta, il tabarro, la moretta e la gnaga sono tra le maschere e i costumi più iconici e riconoscibili del Carnevale di Venezia. Questi elementi non sono solo un’espressione estetica, ma racchiudono un profondo significato storico e culturale. Durante i giorni di festa, i veneziani di ogni ceto sociale potevano nascondere la loro vera identità dietro una maschera, permettendo loro di muoversi liberamente per la città senza il peso delle convenzioni sociali. “Buongiorno Siora Maschera”, si diceva lungo le calli, per i canali e nei listoni, in segno di saluto e rispetto verso chiunque indossasse un travestimento.
La bauta, probabilmente la maschera più famosa del Carnevale, era spesso accompagnata dal tabarro, un ampio mantello nero che copriva gran parte del corpo. Questa combinazione permetteva non solo di celare il volto, ma anche di nascondere completamente le forme e l’aspetto fisico, garantendo un anonimato totale. La bauta era una maschera essenziale, senza fronzoli, che dava a chi la indossava la libertà di partecipare a feste e incontri senza essere riconosciuto.
La moretta, invece, era una maschera ovale di velluto nero, originariamente riservata alle donne. A differenza delle altre maschere, la moretta non aveva cinghie per tenerla sul volto, ma era sostenuta da un piccolo bottone che si stringeva tra i denti, rendendo la donna che la indossava misteriosamente silenziosa per tutta la durata della festa. Questo accessorio aggiungeva un ulteriore strato di fascino e mistero, poiché la voce della persona rimaneva nascosta quanto il suo volto.
La gnaga, infine, era un travestimento che vedeva spesso uomini vestirsi da donne, indossando una maschera a forma di gatto. Questo costume era usato soprattutto in tono scherzoso e satirico, permettendo ai veneziani di prendersi gioco delle convenzioni sociali e di sovvertire, per qualche giorno, i ruoli di genere.
Questi travestimenti non erano solo semplici ornamenti, ma rappresentavano un potente strumento di uguaglianza sociale temporanea. Durante il Carnevale, ogni cittadino, nobile o popolano, ricco o povero, poteva indossare una maschera e partecipare alle feste con la stessa dignità. Questo senso di anonimato liberava gli individui dai vincoli della loro posizione sociale, permettendo una libertà di espressione senza pari.
Ancora oggi, il Carnevale di Venezia mantiene vivo questo spirito di gioco e mistero. Le maschere, pur evolvendosi nel tempo, rimangono il simbolo più forte e affascinante di questa celebrazione. Passeggiare per Venezia durante il Carnevale, circondati da persone in maschera, è come fare un salto indietro nel tempo, rivivendo le atmosfere delle antiche feste veneziane. Ogni maschera racconta una storia, e chi la indossa diventa per un breve periodo parte di una tradizione secolare, fatta di eleganza, ironia e libertà.




